Il silenzio che parla

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Il silenzio che parla:

riflessioni su “20 Days in Mariupol”

La sala cinematografica era avvolta in un silenzio denso, quasi tangibile, interrotto solo dal lieve fruscio delle persone che, mosse da un’emozione condivisa, rimanevano ancorate alle loro sedie. Avevo appena assistito alla proiezione di “20 Days in Mariupol”, un documentario che racconta con cruda autenticità i giorni dell’assedio di Mariupol, sotto gli occhi vigili e la telecamera coraggiosa del regista Mstyslav Chernov. La sensazione era quella di avere il cuore sospeso, un nodo alla gola che non permetteva di respirare liberamente; ogni tanto, dovevo ricordarmi di inspirare, un gesto normalmente così automatico e scontato.

Ogni scena del film era un pugno allo stomaco, un urlo silenzioso che risuonava attraverso le immagini devastanti di una città ridotta a campo di battaglia. La testimonianza di Oksana Stomina, poetessa, attivista e rifugiata, collegata da Kyiv, aveva preceduto la visione del film, preparandoci a quello che avremmo visto. “Tutto ciò che vedrete è vero”, aveva detto con voce ferma ma carica di dolore. E la verità era lì, cruda e ineludibile, proiettata su uno schermo che sembrava troppo piccolo per contenere tanto dolore.

Queste immagini, queste voci, non si scordano facilmente. Come diceva il regista Chernov: “Vedere queste immagini fa male, ma deve far male.” E il dolore era lì, palpabile nell’aria, pesante come il silenzio che ci avvolgeva alla fine della proiezione, mentre i titoli di coda scorrevano lenti e nessuno si alzava a lasciare la sala. Eravamo tutti lì, confusi e scossi, come se un missile avesse colpito anche noi, direttamente al cuore.

gabbiano

Contesto e profondità di “20 Days in Mariupol”

“20 Days in Mariupol”, offre uno sguardo crudo e intransigente sulla guerra e sulle sofferenze umane nella città assediata di Mariupol, attraverso la prospettiva unica dei giornalisti ucraini dell’Associated Press, gli unici reporter internazionali rimasti in città durante il conflitto. La pellicola trae spunto dagli articoli giornalieri e dalle riprese di Mstyslav Chernov ed Evgen Maloletka, catturando immagini sconvolgenti, come quelle di bambini morenti, fosse comuni e il bombardamento di un ospedale per maternità.

L’abilità nel catturare il dramma umano e la devastazione della guerra è stata riconosciuta a livello internazionale, culminando nel prestigioso premio Oscar 2024 per il miglior film documentario.

Il film ha debuttato al Sundance Film Festival nel 2023, vincendo il World Cinema Audience Award, e da allora ha continuato a ricevere numerosi altri premi, consolidando la sua posizione come un’opera fondamentale per comprendere l’impatto della guerra sulla vita civile.

Il racconto di Oksana Stomina

Uno dei momenti più intensi e personali di “20 Days in Mariupol” arriva prima dell’inizio del film, quando Oksana Stomina, poetessa e attivista ucraina, si collega in diretta da Kyiv con la sala cinematografica. Rifugiata da Mariupol dopo 21 giorni di assedio, Oksana condivide la sua dolorosa esperienza personale: suo marito, difensore della città, è stato catturato insieme ad altri 2000 militari, compresi i soldati del reggimento AZOV, e da due anni non si hanno notizie di lui. La tragedia personale di Oksana si riflette nel suo libro di poesie, “Lettere non spedite”, una raccolta di poesie e lettere scritte al marito che non può più raggiungerlo. Bohdan Onyshchak, vice-presidente dell’Associazione “Insieme Per Ucraina”, coorganizzatrice della visione del film nelle Marche, legge una poesia di Oksana. Le sue parole, cariche di un dolore palpabile, trasformano ogni verso in un grido muto di speranza e resistenza, rendendo le sue poesie un ponte tra il pubblico e la cruda realtà della guerra.
La presenza di Oksana amplifica l’impatto emotivo del film. La sua testimonianza sottolinea la brutalità della guerra.

 

Riflessione

La consapevolezza e l’empatia che derivano dalla visione di tali opere possono spingere a un impegno collettivo più forte per la pace e la giustizia, sottolineando l’urgenza di fermare le aggressioni dei paesi autoritari contro gli stati democratici.
Mentre i titoli di coda scorrono sullo schermo, lasciando il pubblico immerso nei propri pensieri, è essenziale non fermarsi alla sola riflessione. Ogni spettatore ha il potere di contribuire, di fare la differenza. Vi invitiamo ad unirvi agli sforzi della nostra associazione Insieme Per Ucraina, che lavora per fornire sostegno e risorse a chi è colpito da questa devastante guerra.
Potete aiutare in vari modi: partecipando a eventi di raccolta fondi, offrendo supporto logistico, o semplicemente diffondendo la consapevolezza su ciò che accade realmente in Ucraina.


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Abbiamo avuto l’opportunità di stabilire una connessione visiva con molte persone, per lo più turisti stranieri provenienti da tutto il mondo, tra cui Italia, Francia, Grecia, e altri paesi. È stato particolarmente interessante notare come i turisti di altre nazioni siano stati aperti a condividere questo momento di contatto visivo e di connessione emotiva. Questo gesto semplice ma potente ha permesso a tutti i partecipanti di vivere un’esperienza arricchente.

Sotto le fronde che ondeggiano al ritmo dei canti degli usignoli, abbiamo intessuto una trama di versi e voci, avvolti dalla bellezza e dalla compassione. Le parole di Maria Havryliuk si sono fuse con il canto e la danza tra fiori ed erbe selvatiche, creando un’atmosfera di magia e ispirazione. Che questa giornata rimanga un dolce ricordo nella nostra memoria collettiva, continuando a ispirarci nel nostro cammino. Grazie ancora a tutti i partecipanti!